Storia della città
Guardiamo indietro, guardiamo al passato, ma questo sguardo ci porta sempre verso l’avvenire: guardiamo verso il futuro”
(Papa Giovanni Paolo II Santa Maria Capua Vetere maggio 1992)
Le Origini
La lunga lingua di terra che dall’ansa del fiume Volturno attraversa la pianura fino al territorio di Calatia, oggi Maddaloni, è il luogo dove circa tremila anni fa le popolazioni giunte nell’area diedero vita ad un primo, organizzato, nucleo abitativo.
La fertilità del suolo, il clima mite, la vicinanza di un importante fiume navigabile, il Volturnum, trasformano il primo agglomerato del IX sec. a.C. in una città che incrementa sempre di più la sua capacità di stabilire contatti e scambi non solo con le popolazioni vicine ma anche con realtà più lontane. “Il contatto con l’Etruria e con il mondo greco favorì la fioritura di un artigianato locale fortemente influenzato dalle esperienze culturali di quelle popolazioni” (Valeria Sampaolo): nell’architettura, documentata dalle terrecotte delle coperture, nella scultura, attestata da grandi statue fittili, nella produzione di bronzi e di ceramiche, presenti nelle necropoli e negli abitati.
Capitale Etrusca della Campania
A partire dal VI sec. a.C. Capua Antica diviene la capitale delle città etrusche della Campania; da essa, infatti, deriva il nome della regione. La sua florida economia si basava essenzialmente sull’agricoltura, ma fiorì anche l’artigianato artistico, in particolare di bronzi, vasi e oggetti in terracotta. L’organizzazione politica ed amministrativa si articolava attraverso la figura del Meddix Tuticus, magistrato e amministratore; la carica era ad elezione diretta del popolo e rinnovata annualmente. Nell’amministrazione il Meddix rispondeva al senato che a Capua era di almeno cento unità.
Conquista Sannitica e alleanza con Roma
Nel 423 a.C. dopo anni di lotte e di assedio i Sanniti si impadroniscono di Capua facendo strage della classe dirigente etrusca di cui, tuttavia, mantengono in essere organizzazione amministrativa e sociale, assorbendone usi e tradizioni; si confermano dunque le figure del Meddix e dei senatori. Circa un secolo dopo per difendersi dai continui attacchi e dalle incursioni dei sidicini e di altre popolazioni che dai monti cercavano spazio nella ricca piana campana, Capua si allea con Roma, riuscendo a mantenere l’autonomia amministrativa e sociale.
Seguì nel 338 la concessione a Capua della civitas sine suffragio. Proprio per collegare questo coacervo di civiltà e di culture differenti con Roma, cuore pulsante del mondo occidentale antico, il console Appio Claudio Cieco fece costruire una via che collegasse le due realtà più attive e produttive della penisola italiana del IV secolo a.C. dimezzando i tempi di percorrenza tra le due metropoli, portandoli a 4/5 giorni.Nel corso dei secoli quella che Publius Papinius Statius definì Regina Viarum è diventata il simbolo di un “sistema culturale”, animato da una moltitudine di artisti e studiosi che l’hanno percorsa, vissuta ed amata al punto da renderla un “crocevia di memoria” unico e caratterizzante di un valore aggiunto difficilmente riscontrabile in tutto il panorama italiano.
Capua: trampolino verso Oriente
Per i viaggiatori e gli eserciti, Capua era il trampolino per arrivare facilmente da Roma nell’Oriente e nella Magna Grecia; nel corso dei secoli gli scambi tra le due città si intensificarono coinvolgendo, ovviamente, anche i rapporti sociali e molte famiglie dell’aristocrazia romana si imparentarono con quelle capuane. Roma dal canto suo si adoperava per allargare la sua influenza nell’area campana stringendo accordi con le città che confinavano con il territorio capuano, fatto questo che la classe dirigente di Capua mal sopportava.
L’alleanza con Annibale
Con l’arrivo di Annibale nella penisola italica sembra aprirsi uno spiraglio per le aspirazioni indipendentistiche dei capuani. Il condottiero cartaginese coglie questa aspirazione e nel 216 a.C. Capua rompe l’alleanza con Roma e si schiera con Annibale fino alla disfatta del marzo del 211 a.C. quando, dopo un lungo assedio, l’esercito romano entra in città saccheggiandola.
La decadenza e la sopravvivenza di Capua
La città di Capua è ridotta al rango di “civitas sine suffragio”, la sua classe dirigente in gran parte giustiziata, i più fortunati ridotti alla condizione di servi e esportati in altri territori, i suoi vasti e fertilissimi terreni colonizzati e distribuiti, a più riprese, ai veterani dell’esercito romano. Capua sembra destinata all’oblio, invece, un poco alla volta riconquista un ruolo strategico nell’Impero; nel 73 a.C. da Capua parte la rivolta di Spartacus (III guerra servile) che mise in crisi il potere romano in nome della “Libertà”.
Capua: l’Altera Roma
Si comprende, così, il significato dell’espressione, passata alla storia, usata da Cicerone, che aveva soggiornato a Capua a lungo nell’83 a.C., “Illa Altera Roma”, con la quale l’arpinate, definisce Capua, oggi Santa Maria Capua Vetere per la nota aspirazione dei capuani a soppiantare Roma quale capitale della Penisola. Nel secolo successivo l’Imperatore Adriano fece costruire il nuovo Anfiteatro che Antonino Pio completò. Da questo periodo la città dal punto di vista politico/amministrativo e civico segue la sorte di Roma e dell’Impero. Nel IV secolo d.C. Capua era ancora molto fiorente, tanto che il poeta Magno Ausonio la inserì tra le otto maggiori città dell’impero.
La distruzione e la rinascita
Nel 456 la città fu devastata e rasa al suolo dai Vandali di Genserico, nell’841 con l’incursione dei Saraceni la città viene abbandonata, la maggioranza dei superstiti, le famiglie più ricche, il principe Landone ed il vescovo San Paolino, si trasferirono sul monte Palombara dove occuparono, ampliandola, la fortezza di Sicopoli così chiamata in onore di Sicone principe longobardo di Capua.
La parte più modesta e povera degli abitanti di Capua trovò rifugio tra le sue rovine, in particolare intorno alle Chiese ed ai monumenti più rappresentativi della distrutta città come la chiesa di Santa Maria Maggiore, oggi Duomo, la Basilica Costantiniana, oggi in parte occupata dalla chiesa di San Pietro, la torre di S. Erasmo, il Campidoglio, oggi sede del Museo Archeologico e l’Anfiteatro che, con la sua immensa mole, divenne il ricovero di molti dando vita al casale di “Berolais” (Berelais, Berolassi).
Nell’856 gli abitanti di Sicopoli, lasciata la città a causa di un incendio, si trasferirono nel sito dell’antico porto fluviale di Casilinum, fondando la nuova Capua. Intanto nei luoghi di Capua Antica nacquero tre casali: Santa Maria Maggiore (Villa Sancta Maria), San Pietro in Corpo e Sant’Erasmo che comprendeva l’area urbana dell’antico campidoglio e di Berolais. I tre casali si svilupparono all’interno dell’area urbana di Capua Antica, le case vennero lentamente ricostruite, i terreni recuperati, furono riprese alcune delle antiche produzioni, in particolare quelle agricole e si moltiplicarono gli insediamenti religiosi tanto che già nell’882 Landolfo, vescovo di Capua nuova, ottenne l’istituzione di un Capitolo per la chiesa di Santa Maria Maggiore con sede vescovile, individuata, da allora, anche come Collegiata.
Il periodo Angioino e Aragonese
Con l’avvento dei d’Angiò i casali ebbero un notevole sviluppo e Carlo I d’Angiò scelse una torre quale residenza estiva. Qui, nel 1278, nacque Roberto d’Angiò, che venne poi battezzato dall’Arcivescovo Filomarino nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Divenuto re, Roberto non dimenticò la sua città natale e, tra gli altri benefici concessi, promosse la costruzione di una chiesa e dell’ospedale dedicandoli a San Lorenzo. La presenza della famiglia reale in città proseguì anche con gli aragonesi: sappiamo che Re Alfonso partecipava ogni anno alle celebrazioni di agosto dedicate alla Vergine Assunta. Nei secoli successivi, soprattutto il Casale di Santa Maria Maggiore incrementò la popolazione pur restando nell’orbita di Capua Nuova. Intorno al 1680 il Viceré di Napoli, Fernando Joaquìn Fajardo marchese di Los Velez sostenne la costruzione del Convento dei padri Alcantarini dedicato a San Bonaventura e fece realizzare sull’altare maggiore della chiesa conventuale un quadro dal pittore Luca Giordano, ancora oggi presente in situ.
La rivoluzione napoletana e l’età moderna
Nel 1799 Santa Maria Maggiore ebbe un ruolo nella rivoluzione napoletana e davanti alla “Collegiata” (Duomo) fu eretto l’albero della Libertà; questo gesto di ribellione costò durante la restaurazione sanfedista, la vita ed il carcere a diversi cittadini. Il 27 dicembre del 1805, a seguito della vittoria di Austerlitz, Napoleone emise un proclama che dichiarava decaduta la dinastia borbonica. Il 31 dicembre di quello stesso anno nominò Re di Napoli il fratello Giuseppe. Il nuovo re si dedicò immediatamente all’amministrazione del regno riorganizzandolo in 14 province, istituendo la Provincia di Terra di Lavoro ed eleggendo a capoluogo la città di Santa Maria Maggiore; l’anno successivo nel 1807, su iniziativa di Murat, venne istituito in città il Tribunale, che sarà inaugurato in palazzo Melzi nel 1808. La presenza del Tribunale modificò profondamente il tessuto sociale della città che in pochi anni arrivò a contare circa 18.000 abitanti. Durante il Risorgimento molti cittadini furono coinvolti nei moti rivoluzionari, il culmine si raggiunse nei moti del maggio del 1848. Il 16 settembre del 1860 Giuseppe Garibaldi giunse a Santa Maria Maggiore per organizzare lo schieramento garibaldino e il fronte di guerra antiborbonico asserragliato nella fortezza di Capua; il Generale scelse palazzo Teti come luogo di osservazione del fronte di guerra in quanto provvisto di un torrino che gli consentiva una visione totale dello scenario. All’alba del 1° ottobre l’esercito borbonico sferrò l’attacco, la maggior parte della cittadinanza era coinvolta nella battaglia che si concluse con la vittoria delle truppe garibaldine. Dopo altri episodi e il bombardamento di Capua da parte dell’esercito piemontese negli ultimi giorni di ottobre, il 2 novembre nel sontuoso salone di palazzo Teti venne stipulata la resa dell’esercito borbonico. Da allora ogni anno il 1° ottobre si commemora la “Battaglia del Volturno”. Il 24 agosto del 1862 con Decreto Regio la città muta il nome in Santa Maria Capua Vetere.
Capua nel cuore della storia
Lungo l’Appia e nelle terre di Capua, attuale Santa Maria Capua Vetere, hanno passeggiato e vissuto tanti uomini illustri di tutte le epoche da Annibale a Spartacus, da Cicerone ad Orazio, da Petrarca a Garibaldi, Imperatori, Principi e Papi, dittatori e Re. Nel 1278 qui è nato Roberto d’Angiò, Matilde Serao definì la città il “giardino di Terra di Lavoro”, Benedetto Croce vi soggiornò più volte ospite della famiglia Barile, qui sono nati grandi personaggi da Nevio ad Alessio Simmaco Mazzocchi, da Antonio Tari a Raffaele Perla ed Errico Malatesta.